Bisogna forse avere spiccate capacità d’immaginazione, oltre che acuto senso del pericolo e discreto coraggio, per interpretare una rampa di scale o il tetto di una casa come “il luogo ideale” da cui lanciarsi con ai piedi una tavola da snowboard. Un modo di vivere lo sport, questo, che senza ombra di dubbio contraddistingue Alex Stewart da molti altri snowboarder. La sua è una storia che in pochi conoscono: originario della Nuova Zelanda, oggi vive in Italia insieme alla sua compagna e alla sua bambina, India. Da poco ha abbandonato la sua casa a quattro ruote, il Van, per abbracciare una routine più comoda in Trentino. E con una crew di snowboarder professionisti, filmer e fotografi, ha dato voce e forma a “Rusty Toothbrush”, una casa di produzione che vuole ispirare la comunità di snowboard a mettersi in gioco. Dopo mesi di appuntamenti mancati sono finalmente riuscita a incontrarlo in un parco nell’astigiano. Non potevo fare scelta più azzeccata per questa intervista, perché ad appena 5 minuti dall’inizio delle riprese mi ha detto: “Se oggi ci fosse la neve salterei da questi gradoni e atterrerei là”. Ebbene sì: Alex vede spot ovunque. Per lui questo sport è una droga. È un medium artistico in cui può esprimersi liberamente. A lui quello che ispira sono le cose sul confine dell’impossibile. E a un certo punto lo sento dire: “Lo snowboard mi apre gli orizzonti: riesco a immaginarmi facendo cose con la tavola ai piedi che non potrei vedere senza”.
Tutto ebbe inizio all’età di 17 anni
Alex si innamora dello snowboard all’età di 17 anni, grazie a due insegnanti che lo indottrinano all’idea di poter diventare un Pro. “Mi sono buttato su questa strada durante l’ultimo anno di scuola e da lì ho iniziato a fare qualsiasi lavoro ovunque pur di snowboardare”. Arrivano poi le prime esperienze lontano dalla terra natale: prima il viaggio in India e il giro sull’Himalaya, poi quello in Giappone e alle Deux Alpes, in Francia. Ma il feeling più significativo arriva dall’Italia. “Sentivo che era un posto in cui continuare a ritornare. Poi a furia di stare con ragazzi che erano quasi tutti italiani ho finito per sentirmi un italiano vero anche io”. Sarà forse la sua bravura o il suo spirito coraggioso, ma ben presto Alex attira l’attenzione degli sponsor, che prima lo portano a toccare con mano il successo e poi a chiedersi se continuare a dedicarsi a questo sport. “C’è stato un momento della mia vita, che è stato il più gipsy, in cui mi sono ritrovato senza visto, senza lavoro e senza soldi: lì ho deciso di rimettermi in gioco nello snowboard, non solo come rider, ma anche come videomaker”. Cimentandosi nel montaggio di vecchie riprese in azione, crea la sua casa di videoproduzione e lancia il primo video su Vimeo. “Dopo un paio di mesi mi hanno iniziato a contattare alcuni brand chiedendomi di fare altri progetti e adesso, a distanza di 10 anni, io e i miei amici viviamo così, facendo soltanto video di snowboard in luoghi mistici”.
Street, back country e scoping: non il classico snowboard
Il classico snowboard non ha niente a che vedere con quello che attrae Alex. Il suo interesse ruota intorno alla “street” e al “backcountry”. Questo significa andare in luoghi urbanistici, individuare ringhiere, tetti delle case, marciapiedi ed edifici diroccati e poi lasciare andare la creatività con acrobazie e salti. “Sono poco tradizionale in quello che faccio, mi piace cercare modi di girare in strada in modo artistico”. Il gioco, però, non sta solo nell’esecuzione dello shot, ma anche e soprattutto nella ricerca di qualcosa che ispira a tal punto da buttarsi. Lui la chiama “fase di scoping”: “il vero bello non è solo riuscire a fare un salto, ma anche riuscire a trovare posti nascosti che in mille altri snowboarder non noterebbero mai”. Ogni spot, racconta Alex, è sacro e in quanto tale deve rimanere invisibile (e protetto) agli occhi degli altri. “È qui che sta l’arte dello snowboard: non il trick che si fa, ma lo spot che si sceglie, i colori e tutto il resto: è un po’ come un pittore con il colore che sceglie di usare per dipingere la sua tela”. La sfida? Riuscire a fare ciò che la mente immagina.
Avere paura? È fondamentale
Per Alex avere paura è fondamentale, perché è lei a dargli il focus e la spinta a lanciarsi. “Un trucco che ho sempre usato per darmi una marcia in più è di cercare di vederla come eccitazione, perché entrambe hanno gli stessi sintomi fisiologici: il cuore batte più forte, il corpo e gli occhi si accendono”. L’importante è riuscire a gestire l’energia nel modo giusto e non lasciare che perda il controllo. “Non c’è mai stata una volta in cui non mi sono fidato della mia tavola, perché quando ce l’ho ai piedi sento che devo comunque andare, anche se sono quasi sicuro che prenderò una stecca della madonna”. Tirarsi indietro? Alex non sa cosa voglia dire: “Mi sono sempre detto che il giorno in cui rinuncerò a fare qualcosa vorrà dire che sono arrivato a quel punto del processo in cui è ora di andare in pensione e dedicarmi ad altro”. Lo dimostra il suo ultimo infortunio di fine stagione. “Ero su un salto che avevamo fatto già un altro anno, ma non ero lì con la testa. Al primo giro mi è andata bene, mi sarei dovuto fermare perché sentivo che la tavola andava lenta, non avevo tempo per togliere la sciolina perchè stava andando giù il sole, ma volevamo farne ancora una quindi ho cambiato rotazione, ma non ho guardato il landing, sono andato addosso ad un albero e ho sentito il mio ginocchio che ha fatto tipo tac tac tac”. Un errore evitabile, forse, che però gli è stato utile a ridargli un po’ di gas. “Vedo adesso che magari era quello che doveva succedere per ricostruire tutte le fondamenta della mia vita in modo che la prossima stagione sia ancora più motivato a ripartire bene. Voglio fare il mio miglior snowboarding, il mio miglior video, voglio veramente fare the best I’ve ever done”.